Linfedema | Definizione | Terapia
ASPETTI EPIDEMIOLOGICI
I dati ricavabili dalla Letteratura internazionale, corrispondenti a quelli ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riportano un’incidenza del linfedema nel mondo pari a 300 milioni di casi (circa una persona ogni 20). Quasi la metà dei linfedemi è di origine primaria, caratterizzati da una base congenita linfangioadenodisplasica, ossia dovuta ad una malformazione e conseguente malfunzionamento dei linfonodi e/o dei vasi linfatici. Altri 70 milioni sono di origine parassitaria (le forme più frequenti sono rappresentate dall’infestazione da Filaria Bancrofti), particolarmente presenti nelle aree tropicali e subtropicali (India, Brasile, Sud-Africa). Altri 50 milioni sono post-chirurgici e, specialmente, secondari al trattamento del carcinoma mammario. Gli altri 30 milioni sono essenzialmente causati da problemi funzionali di sovraccarico del circolo linfatico (particolarmente, in esiti di flebotrombosi profonda dell’arto inferiore, insufficienza epatica, sindrome nefrosica, fistole artero-venose).
In particolare, per quanto concerne il linfedema secondario, l’incidenza del linfedema secondario dell’arto superiore nelle donne sottoposte a mastectomia o quadrantectomia con linfoadenectomia ascellare è, cioè, pari a 20-25%, sino al 35-40% con l’associazione della radioterapia. Con la tecnica del linfonodo sentinella, l’incidenza del linfedema secondario varia dal 3% al 22%. Per quanto concerne il linfedema degli arti inferiori secondario al trattamento di tumori della sfera ginecologia e urologica, l’incidenza varia dal 5% al 30%. Data l’elevata incidenza del linfedema secondario, è opportuno sottolineare l’importanza delle possibilità di prevenzione della patologia linfostatica, sia in termini di diagnosi precoce che di trattamento tempestivo. Il sesso più interessato è quello femminile e l’età più colpita corrisponde alla III-IV decade di vita. L’incidenza della linfangite, clinicamente più o meno manifesta, come complicanza della linfostasi, è risultata molto elevata (praticamente nella quasi totalità dei casi), a tal punto da richiedere un trattamento antibiotico protratto, sia a scopo terapeutico che profilattico.
PATOGENESI
Il linfedema rappresenta un quadro clinico di non raro riscontro caratterizzato dal rallentamento o dal blocco della circolazione linfatica dell’arto o degli arti colpiti, con evoluzione progressivamente ingravescente e comparsa di ricorrenti complicanze di tipo linfangitico acuto di natura per lo più erisipeloide, responsabili di un ulteriore e rapido aumento in volume e consistenza dell’edema. Benché i dettagli patogenetici siano ancora una questione aperta, i principi generali della fisiopatologia del linfedema sono ben conosciuti. Da un lato, il disturbo centrale può essere rappresentato da una insufficienza a bassa portata (low output failure) del sistema linfatico: si ha, cioè, una riduzione generale del trasporto linfatico. Un’alterazione di questo tipo può essere causata da displasia linfatica congenita – linfedema primario – oppure da obliterazione anatomica, quale quella che si ha come conseguenza di una resezione chirurgica radicale (ad esempio, nel caso di dissezione linfonodale ascellare, iliaco-inguinale o retroperitoneale), a seguito di ripetute linfangiti con linfangiosclerosi o quale conseguenza di una grave insufficienza funzionale (ad esempio, linfangiospasmo, paralisi ed insufficienza valvolare) – linfedema secondario.
Comunque, il denominatore comune è il fatto che il trasporto linfatico scende al di sotto della capacità necessaria a gestire il carico presente di filtrato microvascolare, comprendente proteine plasmatiche e cellule, che normalmente dal circolo ematico entrano nell’interstizio. Dall’altro lato, l’insufficienza ad alta portata (high output failure) della circolazione linfatica si ha quando una capacità di trasporto normale oppure aumentata è sopraffatta da un eccessivo carico di filtrato ematico capillare: ad esempio, la cirrosi epatica (ascite), la sindrome nefrosica (anasarca) e l’insufficienza venosa profonda degli arti inferiori (sindrome post-tromboflebitica). Il mancato controllo del linfedema può portare a ripetute infezioni (dermatolinfangioadeniti – DLA), a progressive alterazioni trofiche cutanee di tipo pachidermitico e, in rari casi, persino allo sviluppo di un linfangiosarcoma, patologia altamente letale (sindrome di Stewart-Treves).
CLASSIFICAZIONE ANATOMO-PATOLOGICA E STADIAZIONE
I linfedemi vengono generalmente suddivisi in primari o congeniti e acquisiti o secondari.
I linfedemi primari sono ulteriormente distinti in connatali, cioè presenti già alla nascita, oppure a manifestazione precoce, se compaiono prima dei 35 anni, o tardiva, se si manifestano dopo i 35 anni. Tra i connatali si distinguono le forme sporadiche da quelle eredo-familiari che, per lo più, possono essere inquadrate in sindromi malformative più o meno complesse, correlate o meno a specifiche alterazioni genetiche. Per l’identificazione del tipo di displasia che sta alla base delle diverse forme di linfedema congenito, si segue la classificazione di C.Papendieck: LAD I (linfangiodisplasia – displasia dei vasi linfatici), LAD II (linfadenodisplasia – displasia dei linfonodi), LAAD (linfangioadenodisplasia – displasia dei linfatici e dei linfonodi). Nel termine displasia si include: agenesia, ipoplasia, iperplasia, fibrosi, linfangiomatosi, amartomatosi, insufficienza valvolare. I linfedemi secondari possono essere distinti in post-chirurgici, post-attinici, post-traumatici, post-linfangitici e parassitari.
Classificazione dei linfedemi
Primari o congeniti
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Connatali (presenti dalla nascita)
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Sporadici
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Eredo-familiari
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Precoci (compaiono prima dei 35 anni)
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Tardivi (compaiono dopo i 35 anni)
Primari o congeniti
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Post-chirurgici
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Post-attinici
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Post-traumatici
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Post-linfagitici
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Parassitari
PRESENTAZIONE CLINICA E CENNI DI FISIOPATOLOGIA
Nella maggior parte dei pazienti, sulla base dell’anamnesi e dell’esame obiettivo, si può agevolmente porre diagnosi di linfedema: edema generalmente di consistenza aumentata, a seconda della maggiore o minore componente tissutale fibrosclerotica, assenza del segno della fovea, anche negli stadi più precoci della malattia, presenza del segno di Stemmer (non plicabilità della cute alla base del 2° dito del piede), lesioni distrofiche cutanee (sequele post-linfangitiche, ipercheratosi, verrucosi linfostatica, linforrea, chilorrea), frequenti complicanze dermato-linfangio-adenitiche (DLA). Utile, inoltre, la valutazione delle stazioni linfonodali, per evidenziare l’associazione o meno di linfoadenopatie acute o croniche. Nelle forme più complesse di angiodisplasia, caratterizzate da una condizione di iperstomia artero-venosa (Sindrome di Mayall) o da macro e microfistole artero-venose congenite (Malattia di Klippel-Trénaunay o di Klippel-Trénaunay-Servelle), il quadro clinico può essere caratterizzato da: gigantismo con allungamento dell’arto, dismorfismo più o meno marcato del piede, angiomi color “vino Porto”, piatti e a carta geografica, iperidrosi della pianta del piede. Esistono, tuttavia, forme spurie, ancora più difficili da diagnosticare per la prevalente componente linfedematosa. In alcuni casi, inoltre, la presenza di condizioni sovrapposte, quali l’obesità patologica, l’insufficienza venosa, il trauma più o meno evidente e ricorrenti infezioni, possono complicare il quadro clinico. Inoltre, nel considerare l’origine di un linfedema uni o bilaterale delle estremità, specialmente negli adulti, è necessario prendere anche in considerazione l’eventualità di una causa tumorale. Per tutte queste ragioni, prima di inoltrarsi nel trattamento del linfedema, è assolutamente indispensabile un valutazione diagnostica completa ed integrata. L’associazione di altre condizioni patologiche, quali l’insufficienza cardiaca congestizia, l’ipertensione arteriosa e patologie cerebro-vascolari, compreso l’ictus, possono a loro volta influenzare l’iter terapeutico. Qualora non fosse chiara la diagnosi di linfedema o ci fosse bisogno, anche per considerazioni di ordine prognostico, di una migliore definizione diagnostica del quadro clinico, è opportuno un consulto specialistico linfologico, indirizzando il paziente ad un centro specializzato di Linfologia.
DIAGNOSI
La Linfoscintigrafia è l’esame di prima scelta per la definizione diagnostica dell’edema, per confermarne la natura linfostatica, per l’individuazione della causa (da ostacolo o da reflusso), per valutare l’estensione della malattia (dermal back flow), la compromissione maggiore o minore del circolo linfatico profondo rispetto a quello superficiale, il drenaggio attraverso le stazioni linfonodali. Utile, pertanto, lo studio della circolazione linfatica sia superficiale che profonda, mediante l’opportuna iniezione del tracciante nelle sedi specifiche di drenaggio dei due sistemi. L’esame non è invasivo, facilmente ripetibile, eseguibile anche in età neonatale. Consente, inoltre, di individuare lo stadio IA della linfostasi, ancora clinicamente non manifesta, svolgendo così un ruolo fondamentale nella prevenzione del linfedema secondario. Utile, infine, per lo studio nel follow-up dei diversi metodi terapeutici del linfedema e, in particolare, delle tecniche di microchirurgia linfatica.
La Linfografia rappresenta, ancora oggi, un’indagine estremamente utile per lo studio delle complesse patologie congenite o acquisite dei vasi chiliferi, della cisterna chyli e del dotto toracico. Viene più modernamente eseguita in sala operatoria, in anestesia locale e con preparazione dei vasi linfatici mediante tecnica microchirurgica. L’Ecografia, la TC e la RM rappresentano strumenti diagnostici utili per la definizione delle complesse sindromi in cui si associano quadri di angiodisplasia e linfedema, oltre che per lo studio della eventuale natura organica ostruttiva del linfedema secondario a malattia tumorale. La Linfangio-RM, in particolare, eseguita con la metodica di sottrazione digitale del tessuto adiposo, può fornire informazioni importanti nei quadri avanzati di natura ostruttiva, in cui le vie linfatiche si presentano dilatate e ripiene di linfa. Indispensabile è lo studio della circolazione venosa mediante Eco-Color-Doppler (indagine costantemente impiegata nella valutazione strumentale di un arto edematoso), Fleboscintigrafia e Flebografia (se necessarie sulla base dell’esame Eco-Doppler).Anche lo studio della circolazione arteriosa può rendersi indispensabile nei quadri di panangiodisplasia con associato linfedema. In questi casi, oltre all’esame Eco-Color-Doppler, può essere utile lo studio arteriografico digitale. La Microlinfografia fluoresceinica al Verde Indocianina (PDE Test) ed il Test linfocromico di Houdack-Mc Master al BPV sono oggi in grado di fornire informazioni molto utili per il più corretto approccio chirurgico del linfedema.
TERAPIA
La terapia del linfedema periferico viene suddivisa nel trattamento medico-fisico-riabilitativo e nelle metodiche chirurgiche.
Terapia dei linfedemi
Trattamento fisico
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Fisioterapia
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Terapia fisica combinata
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Linfodrenaggio meccanico / manuale
Terapia farmacologica
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Benzopironi
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Antibiotici
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Antimicotici
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Dietilcarbamazina
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Diuretici
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Dieta
Trattamento chirurgico
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Microchirurgia
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Direttiva
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RIcostruttiva
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Liposuzione 'selettiva' e mininvasiva